A cura di:
CARLO CALTAGIRONE, Direttore Scientifico dell’IRCCS Santa Lucia, Roma – Socio Fondatore e Membro del Comitato Tecnico Scientifico di Airalzh Onlus
Un recente studio – condotto dai ricercatori dell’ospedale di neuroriabilitazione Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma, guidato da Giacomo Koch, in collaborazione con l’Università di Ferrara – ha mostrato come la stimolazione magnetica transcranica (TMS)[i], una tecnica di stimolazione cerebrale non invasiva basata su campi magnetici, sia potenzialmente efficace nel contrastare la progressione del declino cognitivo nei pazienti con malattia di Alzheimer, aprendo nuove prospettive terapeutiche basate sulla stimolazione cerebrale.
Lo studio[ii], pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Brain”, ha dimostrato che un periodo di trattamento di sei mesi con TMS focalizzato sul precuneo, una regione del cervello particolarmente coinvolta nella malattia di Alzheimer sin dalle prime fasi della malattia, è in grado di contrastare il progressivo declino cognitivo e funzionale che caratterizza questa malattia. A differenza dei farmaci di recente sviluppo che agiscono sulla sostanza amiloide o sulla proteina tau[iii], la TMS genera campi magnetici che attraversano la scatola cranica e si trasformano in impulsi elettrici, stimolando così le sinapsi dei neuroni danneggiate dalla malattia di Alzheimer nel corso degli anni.
Lo studio riporta i risultati di un trial clinico randomizzato in doppio cieco di fase 2[iv] per il quale sono stati arruolati 50 pazienti con malattia di Alzheimer di grado da lieve a moderato. In una metà dei pazienti è stata applicata la TMS per sei mesi con frequenza settimanale, in un altro gruppo è stata applicata una stimolazione placebo (sham). Al termine del trattamento il gruppo di pazienti trattati con TMS ha mostrato, rispetto al gruppo trattato con stimolazione sham, punteggi decisamente migliori in una serie di scale cliniche che misurano le funzioni cognitive. In particolare, i pazienti trattati con TMS hanno ottenuto nella scala clinica “Clinical Dementia Rating-Sum of Boxes”, o CDR-SB, una riduzione di circa l’80% nella progressione dei sintomi dell’Alzheimer rispetto al gruppo di controllo. Anche punteggi ottenuti nelle scale che misurano l’autonomia della vita quotidiana restavano sostanzialmente invariati nei pazienti trattati con TMS, mentre peggioravano in quelli trattati con la stimolazione placebo.
Volendo stimolare i circuiti legati alle funzioni cognitive come la memoria e l’attenzione, i ricercatori hanno indirizzato la TMS sul precuneo, una regione che fa parte di una particolare rete neurale, il default mode network (DMN), collocata in una posizione centrale e posteriore del cervello. Questa rete neurale è precocemente danneggiata dalla malattia di Alzheimer poiché è una sede privilegiata di accumulo della sostanza amiloide e degli aggregati di proteina tau. Il precuneo svolge un ruolo chiave (hub) all’interno del default mode network, ed è altamente connesso con altre aree, tra cui il lobo temporale coinvolto nei processi di memoria e consapevolezza.
Per individuare in maniera precisa e personalizzata i parametri della stimolazione, i ricercatori hanno utilizzato innovative metodiche neurofisiologiche basate sulla combinazione di TMS ed elettroencefalogramma (TMS-EEG) e di un sistema di neuronavigazione. Ciò ha consentito di definire con precisione per ogni paziente i confini della regione bersaglio e l’intensità del campo elettromagnetico applicato durante il trattamento. Inoltre, i ricercatori hanno monitorato l’attività cerebrale nel corso dei sei mesi di trattamento utilizzando la TMS-EEG come biomarker di risposta alla terapia. Al termine del trattamento i pazienti trattati con TMS mostravano un incremento dell’attività oscillatoria nella banda gamma, dato che indica un rafforzamento del circuito cerebrale importante per le funzioni cognitive come apprendimento e memoria. Invece nel gruppo dei pazienti trattati con placebo si osservava un calo evidente dell’attività cerebrale.
Il fatto che sia stato individuato un nuovo target terapeutico per la stimolazione cerebrale nella malattia di Alzheimer, ovvero il precuneo con le sue connessioni con i DMN, è di per sé un’importante novità. Inoltre, per la prima volta un trattamento con TMS è stato eseguito nella malattia di Alzheimer per sei mesi con un disegno sperimentale analogo a quello utilizzato per la valutazione dell’efficacia dei farmaci.
I risultati sono assai rilevanti poiché sono stati ottenuti in una popolazione di pazienti nella fase lieve-moderata della malattia, in cui il declino cognitivo avanza più rapidamente ed è meno responsivo ai farmaci.
[i] La stimolazione magnetica transcranica (TMS) è una tecnica non invasiva di stimolazione elettromagnetica concentrata su un’area specifica del tessuto cerebrale.
[ii] “Precuneus magnetic stimulation for Alzheimer’s disease: a randomized, sham-controlled trial” Brain, Volume 145, Issue 11, November 2022, Pages 3776-3786. Pubblicazione: 25 ottobre 2022 Autori: Giacomo Koch, Elias Paolo Casula, Sonia Bonnì, Ilaria Borghi, Martina Assogna, Marilena Minei, Maria Concetta Pellicciari, Caterina Motta, Alessia D’Acunto, Francesco Porrazzini, Michele Maiella, Clarissa Ferrari, Carlo Caltagirone, Emiliano Santarnecchi, Marco Bozzali, Alessandro Martorana.
[iii] Aggregati proteici che si accumulano all’esterno (amiloide) e all’interno (Tau) delle cellule cerebrali nella malattia di Alzheimer.
[iv] Tipo di studio in cui ai pazienti viene assegnato casualmente (random) il nuovo trattamento. “Doppio cieco” significa che né il paziente, né il medico nella valutazione dei risultati conoscono il tipo di trattamento applicato. Questo rende affidabile la valutazione dell’efficacia.