6 Benussi Alberto

Titolo della ricerca

Non-invasive brain stimulation for early diagnosis and treatment of Alzheimer’s disease.

Biografia

Alberto Benussi (30 luglio 1986) si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Trieste, (2005 – 2011) e successivamente ha conseguito la Specializzazione in Neurologia presso l’Università degli Studi di Brescia (2012-2017). Dal 2018 svolge l’incarico di neurologo clinico presso l’Unità di Neurologia, ASST Spedali Civili di Brescia, si dedica alla cura dei disturbi neurologici più acuti e cronici in ambiente ospedaliero. In questo contesto, attualmente co-supervisiona il centro per i disturbi cognitivi e demenze (CDCD) dove si dedica alla diagnosi e alla cura di pazienti affetti da patologie neurodegenerative. Dal 2018 si occupa anche di docenza (in diagnostica neurofisiologica, malattie neuroinfiammatorie, neuroinfettivologia e neuroimmunologia) presso la Scuola di Specializzazione in Neurologia, e insegna Neurologia presso il Corso di Laurea in Infermieristica, Università degli Studi di Brescia. Presso la Clinica Neurologica degli Spedali Civili di Brescia ha acquisito competenze specialistiche nel campo delle malattie neurodegenerative, con particolare interesse per la malattia di Alzheimer, oltre che per le forme sporadiche e genetiche di Demenza Frontotemporale, per i parkinsonismi atipici e per le malattie rare, come la malattia di Niemann-Pick di tipo C e le diverse forme di atassie ereditarie e sporadiche. In questo contesto ha implementato e sviluppato diversi protocolli neurofisiologici per la stimolazione magnetica transcranica (TMS), identificando diversi biomarcatori di connettività corticale sia per la diagnosi differenziale di malattie neurodegenerative che per l’identificazione delle fasi precliniche della malattia. Ha inoltre sviluppato numerosi protocolli riabilitativi attraverso l’utilizzo della stimolazione transcranica a corrente continua (tDCS) e a corrente alternata (tACS) in varie malattie neurodegenerative, in particolare nelle atassie cerebellari, nella malattia di Parkinson, nella demenza frontotemporale e nella malattia di Alzheimer. Le applicazioni di queste metodologie sono state acquisite in centri di eccellenza in Italia e all’estero. Motivazione alla ricerca e speranze per l’Alzheimer Dato che la demenza è oggi sempre più diffusa nella società industrializzata diventando così una priorità sanitaria e sociale, e considerando che la diagnosi delle principali malattie dementigene non è sempre facile, diventa imperativo adoperarsi nello sviluppo di nuovi strumenti in grado di differenziare correttamente le diverse forme di demenza, in modo tale da intervenire in maniera sempre più mirata e tempestiva con trattamenti innovativi che potrebbero ritardare l’insorgenza dei sintomi e ridurre la progressione della malattia. Ritengo che la necessità sia quella di attuare precocemente interventi diagnostici efficaci, con lo scopo di contenere per quanto possibile i costi a lungo termine ad essi correlati. In quest’ottica l’utilizzo della stimolazione magnetica transcranica (TMS) potrebbe aiutare a comprendere meglio i meccanismi alla base della patologia e aiutare quindi a trovare dei bersagli terapeutici specifici per la malattia di Alzheimer. Considerando poi i recentissimi fallimenti di diversi studi clinici, credo sia altrettanto necessario un cambiamento radicale nel modo in cui affrontiamo questa malattia. In questo scenario la stimolazione transcranica a corrente alternata (tACS), una tecnica di stimolazione cerebrale non invasiva recentemente sviluppata, potrebbe rivelarsi come nuova frontiera di trattamento per la malattia di Alzheimer, riuscendo a modulare senza effetti collaterali diverse funzioni cognitive, come la memoria. Grazie a queste nuove tecnologie, la speranza è quella di poter intervenire tempestivamente e trattare i sintomi anche dalle fasi più precoci di malattia.

Il progetto di ricerca

Questo progetto offre una combinazione di approcci, al fine di raggiungere un duplice obiettivo: da un lato dovrebbe consentire l’identificazione di biomarcatori diagnostici non invasivi ed economici, anche nelle fasi precoci di malattia, e dall’altro punta a offrire nuove prospettive terapeutiche. Concretamente, l’idea è quella di sviluppare un metodo unico non invasivo ed economico per identificare l’Alzheimer (AD) nelle fasi precoci della malattia (MCI) applicando tecniche di intelligenza artificiale a misure di connettività intracorticale ottenute mediante stimolazione magnetica transcranica (TMS) in coorti multicentriche. Attraverso tale metodica potremmo ottenere vantaggi su più fronti: una riduzione dei costi e la possibilità di usare uno strumento non invasivo, che può essere utile per una diagnosi precoce, consentendoci così di agire in una fase della patologia in cui le terapie disponibili e attualmente in corso di sperimentazione potrebbero avere un effetto tangibile sui sintomi clinici e la progressione della malattia. Proprio sul tema di una cura possibile si aggancia il secondo obiettivo del progetto, che mira ad applicare una nuova tecnica di stimolazione cerebrale non invasiva, la stimolazione transcranica a corrente alternata (tACS), nei pazienti con MCI-AD, con lo scopo di ripristinare la connettività intracorticale e modulare così diverse funzioni cognitive, come la memoria.

I risultati finora ottenuti confermano la capacità della TMS di riuscire a discriminare tra diverse forme di demenza anche in una fase precoce di malattia, individuando un profilo specifico di compromissione in diversi parametri neurofisiologici, unico per la patologia sottostante, dimostrando così notevole potenzialità clinica. In particolare, è in corso il reclutamento di pazienti affetti da varie patologie neurodegenerative (MCI-AD, MCI-DLB, MCI-FTD) e soggetti sani, da una coorte multicentrica, e le analisi preliminari confermano l’accuratezza di questo metodo nella discriminazione tra diversi sottotipi di MCI. Rispetto al secondo obiettivo del progetto, è stato condotto uno studio pilota su 10 pazienti con MCI-AD, a cui è stata applicata la stimolazione tACS su un’area del cervello ritenuta implicata già dalle prime fasi di malattia, il precuneo. Applicando la stimolazione elettrica su questa area, si è potuto osservare non solo un miglioramento della connettività intracorticale (valutato attraverso la TMS), ma anche un miglioramento nei punteggi ai test cognitivi.

Dato che la demenza è oggi sempre più diffusa nella società industrializzata diventando così una priorità sanitaria e sociale, e considerando che la diagnosi delle principali malattie dementigene non è sempre facile, diventa imperativo adoperarsi nello sviluppo di nuovi strumenti in grado di differenziare correttamente le diverse forme di demenza, in modo tale da intervenire in maniera sempre più mirata e tempestiva con trattamenti innovativi che potrebbero ritardare l’insorgenza dei sintomi e ridurre la progressione della malattia. La necessità è quella di attuare precocemente interventi diagnostici efficaci, con lo scopo di contenere per quanto possibile i costi a lungo termine ad essi correlati. In quest’ottica l’utilizzo della TMS potrebbe aiutare a comprendere meglio i meccanismi alla base della patologia e aiutare quindi a trovare dei bersagli terapeutici specifici per l’AD. Considerando poi i recentissimi fallimenti di diversi studi clinici, risulta altrettanto necessario un cambiamento radicale nel modo in cui affrontiamo questa malattia. In questo scenario la tACS, una tecnica di stimolazione cerebrale non invasiva recentemente sviluppata, potrebbe rivelarsi come nuova frontiera di trattamento per la malattia di Alzheimer, riuscendo a modulare senza effetti collaterali diverse funzioni cognitive, come la memoria. Grazie a queste nuove tecnologie, la speranza è quella di poter intervenire tempestivamente e trattare i sintomi anche dalle fasi più precoci di malattia.

I volti della Ricerca