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Silvia Boschi

Ambito: Sviluppo di test per diagnosticare la malattia in una fase sempre più precoce

Biografia

Laureata nel 2010 in Neurobiologia presso l’Università di Torino, Silvia Boschi ha conseguito nel 2015 il titolo di Dottorato in Neuroscienze svolto presso il Laboratorio di Neurogenetica Clinica (tutor Prof. I. Rainero). Da allora borsista del Dipartimento di Neuroscienze di Torino con attività di tutoraggio nel master in diagnosi e terapia della malattia di Alzheimer e delle demenze e un progetto intitolato “Sequenza del gene DISC-1 in pazienti affetti da demenza frontotemporale”. Tra gli altri titoli, ha conseguito un master in Nutrizione Clinica con tesi dal titolo: “L’alimentazione nella malattia di Alzheimer, dall’epigenetica alla tavola”. Ad oggi ha numerosi atti in congresso e 6 articoli pubblicati in PubMed.

Il progetto di ricerca

La ricerca ha indagato il ruolo delle vescicole extracellulari, piccole porzioni di membrana che si sposterebbero da un neurone all’altro trasportando al loro interno proteine tossiche, con un approccio del tutto innovativo che ne studia il movimento e il contenuto.

“In particolare lo studio ha preso in esame le malattie da prioni – patologie neurodegenerative trasmissibili di cui l’agente responsabile è il prione – che possono essere trasmesse all’interno del sistema attraverso le vescicole extracellulari. L’obiettivo dello studio è fornire una diagnosi precoce della malattia di Alzheimer indagando il ruolo e il contenuto di queste vescicole presenti nel liquor cerebrospinale attraverso l’utilizzo di uno strumento innovativo (Nanoparticle Tracking Analysis) in combinazione con un ultramicroscopio che analizza e monitora le piccole particelle in sospensione.

Gli incoraggianti risultati preliminari sostengono l’ipotesi che considerano le vescicole extracellulari derivate da liquor mediatori di proteine tossiche e aprono la strada alla possibilità di discriminare l’Alzheimer da altre forme di demenza migliorando la gestione terapeutica dei pazienti. Infine, si può pensare all’estensione di queste indagini anche in un altro fluido biologico più facilmente accessibile e ottenibile con metodiche meno invasive: la saliva, che potrebbe fornire indizi precoci sulla natura del cervello.”

I volti della ricerca