Il Dottor Giorgio Giulio Fumagalli, brillante scienziato che da due anni è membro della rete di ricerca Airalzh, ci parla del suo progetto di ricerca, che si concentra su nuovi metodi per sfruttare al meglio le potenzialità di uno strumento molto sofisticato e diffuso.
La risonanza magnetica è ormai uno strumento diagnostico presente in tutte le strutture ospedaliere che può essere facilmente adoperato per una corretta differenziazione delle demenze permettendo così diagnosi più accurate e precoci.
Il progetto di ricerca del Dottor Giorgio Giulio Fumagalli – medico specialista in Neurologia presso l’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano che già da due anni fa parte della rete nazionale di ricerca dell’Associazione Airalzh Onlus – si concentra proprio sui metodi per utilizzare al meglio la risonanza magnetica, semplificando il lavoro del neurologo che guarda le immagini di risonanza e permettendo una migliore distinzione tra le diverse forme di demenza.
Il Dottor Fumagalli si occupa in particolare di definire un nuovo sistema per migliorare la precisione della diagnosi differenziale delle demenze tramite la misurazione dell’ampiezza dei solchi cerebrali rilevabili dalle usuali indagini di Risonanza Magnetica.
Il suo progetto di ricerca sta valutando, sia visivamente che con l’uso di un software specifico, le dimensioni di sei diversi solchi cerebrali (olfattorio, cingolato anteriore, temporale polare, insulare, cingolato posteriore e parieto-occipitale).
La risonanza magnetica permette di valutare l’atrofia, cioè la riduzione del volume cerebrale, e valutando le diverse aree del cervello che sono state colpite è possibile orientarsi verso una forma o l’altra di demenza: nella malattia di Alzheimer l’atrofia colpisce principalmente l’ippocampo, la regione temporale mesiale ed in parte nel lobo parietale mentre nell’atrofia corticale posteriore sono più colpiti i lobi parietali e occipitali.
“La mia ricerca ha permesso di identificare, tra tutti i solchi cerebrali, quello che maggiormente distingue le due forme di demenza, che è il solco parieto-occipitale, facilmente riconoscibile e molto più ampliato nell’atrofia corticale posteriore”, spiega il Dottor Fumagalli.
Questo risultato è importante in quanto da un lato, con un software automatizzato potrebbe essere possibile anticipare nel tempo la diagnosi di atrofia corticale posteriore, ma dall’altro dimostra che anche una analisi visiva mirata a specifici solchi cerebrali potrebbe essere applicata durante una visita ambulatoriale per meglio inquadrare la diagnosi di un paziente o definire il suo grado di malattia.
Fonte: www.insalutenews.it